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I Sentieri dello Yoga |
SOMMARIO
I sentieri dello Yoga *
1° YAMA: LA NON VIOLENZA
(Ahimsa) *
(Tratto da: Goswami Kriyananda "La scienza spirituale del Kriya Yoga" ed. Amrita)
C'è un ordine da rispettare nell'approccio allo studio della pratica yoga? E qual è la prima tappa? La prima tappa è la comprensione e la pratica degli otto gradi dello Yoga.
Lo yoga è una filosofia teologica il cui scopo non è di negare certi aspetti dell'uomo, ma piuttosto di porre un limite all'emotività negativa, mantenendo un equilibrio fisico e spirituale.
Se c'è una parola che può assurgere a simbolo del Kriya Yoga è proprio la parola "equilibrio": equilibrio in ogni cosa, che si può tradurre con "moderazione in tutti i campi".
La chiave ideologica del Kriya Yoga è: "Colui che conosce una goccia d'acqua conosce l'oceano intero, in qualsiasi luogo o tempo egli si trovi". Allo stesso modo, quando si realizza la verità che abita il tempio del corpo, si conosce immediatamente la verità profonda dell'intero universo..
Gli Yoghi dicono che la Verità non può essere appresa, (perché non diventi acquisizione intellettuale), la Verità può essere sperimentata e vissuta realmente"
Vi sono otto tappe fondamentali nello studio della pratica dello Yoga ossia:
Le prime quattro tappe sono dette "esterne" o grossolane, mentre le quattro seguenti sono dette "interne" o sottili. L'obiettivo delle prime quattro tappe è quello di purificare contemporaneamente la mente e il corpo fisico. Yama e Niyama costituiscono una coppia inseparabile.
La prima di queste otto tappe è YAMA, le astinenze. Si tratta di:
A loro volta tutti gli YAMA sono suddivisi in tre gruppi:
1° YAMA: LA NON VIOLENZA (Ahimsa)
Non-violenza intellettuale (Baudhika Ahimsa)
La non-violenza totale è la rinuncia ad ogni pensiero, parola o azione violenta. La fonte di ogni violenza è nell'intelletto.
La pratica della non-violenza produce un certo numero di effetti:
Quando la mente si impegna nel concetto di ahimsa l'intelletto non è più disturbato neppure se vi feriscono, vi provocano, vi insultano.
Non-violenza verbale (Vachika Ahimsa)
La violenza verbale si manifesta in diversi modi quali:
La non-violenza verbale si acquisisce attraverso le seguenti abitudini:
Nel "Mahabharata" c'è un vecchio detto: "Una ferita causata da una freccia o da un'ascia guarisce in fretta, ma la ferita causata da parole cattive guarisce lentamente".
Non-violenza fisica (Sharirik Ahimsa)
Significa non offendere in alcun modo fisico il corpo nostro e altrui.
Usiamo violenza contro il nostro corpo con un'alimentazione impropria o con un ritmo di vita inadeguato o con il suicidio.
Secondo gli Yoga Sutra quando si è stabili nella non-violenza, la violenza non può più raggiungerci.
È importante notare che le regole proposte per la pratica di yama e niyama si applicano secondo 4 criteri:
Fermo restando l'osservanza di questi criteri (ad esempio non si deve uccidere per mangiare carne, ma si può uccidere un animale feroce se questo minaccia la vita di un bambino), il voto di non-violenza implica una grande vigilanza per non uccidere alcun essere vivente.
Dobiamo soppesare costantemente i pro e i contro di un'azione, sia essa interiore o esteriore.
Nella pratica dello Yoga lavoriamo alla non-violenza in questo modo:
1) Controllo fisico: non uccidere, non colpire, non ferire.
2) Controllo verbale: non pronunciare parole che possano ferire.
3) Controllo del pensiero: padronanza dell'umore e dell'atteggiamento mentale.
2° YAMA: IL NON-MENTIRE (Satya)
Secondo la scienza dello Yoga è bene esaminare ognuna delle parole che stiamo per pronunciare e lasciarle uscire solo se permettono un apporto benefico alla persona cui si rivolgono.
Verità intellettuale (Baudhika satya)
Non può essere praticata né vissuta se non si accetta cos'è la verità. Senza verità intellettuale non è possibile né parlare né agire in modo veritiero. Quando l'intelletto è dominato dalla passione o dall'inerzia non può discernere la verità dalla non-verità. La pratica della verità produce uno stato mentale di pace, nonché un pensiero pacifico i quali producono la vera pace da cui dipendono la verità fisica e verbale.
Che cos'è la Verità? Per coloro che cercano profondamente la natura del proprio essere, la risposta è: voi siete la Verità.
Verità verbale (Vachika Satya)
La parola deve essere pronunciata per consentire un progresso in colui che la ode. Ogni parola in grado di aiutare una persona è una parola di verità. Il "Mahabharata" dice che è bene parlare in modo veridico, ma è ancor meglio parlare con lo scopo di fare del bene.
Un altro aspetto della verità è il saper mantenere la parola.
Verità fisica (Sharirik Satya)
Quando la verità viene compresa intellettualmente ed espressa oralmente, si manifesta nell'azione, ed è ciò che viene chiamata verità fisica. La verità deve essere unificata in pensiero, parole e azioni [coerenza].
3° YAMA: IL NON RUBARE (ASTEYA)
Nello Yoga significa anche non incoraggiare, non approvare un furto commesso mentalmente, verbalmente o fisicamente anche da altri.
Non rubare intellettualmente (Baudhika Asteya)
Vuol dire non pensare, non desiderare un oggetto che non ci appartenga. Ciò non vuol dire che non si possano ammirare delle cose che non ci appartengono e poi procurarsele grazie agli sforzi necessari per acquisirle. I testi yoghici dicono che tutto ciò che non è stato guadagnato con lo sforzo non è vostro. Quindi tutto ciò che vi è stato donato nella vita grazie al vostro lavoro è vostro, e vi procurerà gioia. Mentre un oggetto acquisito senza lavoro sarà soltanto fonte di difficoltà e di infelicità.
Non rubare verbalmente (Vachika Asteya)
Significa non appropriarsi di ciò che appartiene a qualcun altro sul piano verbale, ovvero non rubare la dignità, la fierezza, la felicità. I valori mentali o i momenti di gloria. Significa anche che non bisogna in alcun modo sostituirsi ad altri verbalmente, ledendo la loro personalità.
Non rubare fisicamente (Sharirik Asteya)
Significa non appropriarsi di un oggetto fisico per soperchieria, con la forza, di nascosto o senza chiedere il permesso. Se desideriamo qualcosa dobbiamo renderci conto che dobbiamo pagarne un prezzo in un modo o nell'altro.
4° YAMA: LA NON SENSUALITÀ, IL CELIBATO (Brahmacharya)
Secondo la tradizione indiana la vita di un uomo è divisa in 4 periodi, il primo dei quali è lo studio: comprende la pratica del celibato, lo studio delle Sacre Scritture, e quello delle materie accademiche. Alla fine di questo periodo si presentano 3 possibilità:
1. Smettere di studiare e addossarsi le responsabilità di una vita di famiglia ("vasu")
2. Continuare gli studi e rimandare la formazione di una famiglia (questo è possibile tradizionalmente fino all'età di 36 anni). Durante questo periodo che dura 12 anni, bisogna mantenere il celibato ("rudra").
3. Decidere di passare il resto della vita in contemplazione, studio e celibato. Se pratica il celibato fino all'età di 48 anni verrà chiamato "aditya", se lo pratica per il resto della vita verrà chiamato "maishthika bramhacharya". Se consacrerà tutta la sua vita alla ricerca spirituale sotto l'aspetto di un monaco si parlerà di "sannyasi".
Lo yoga precisa che la posizione di un capo famiglia non è inferiore per nulla a quella del "sannyasi".
Il celibato viene mantenuto solo nel primo periodo della vita, i testi sacri dicono che la procreazione è un rito sacro. Non è un atto che dovrebbe imbarazzare chi intraprende una vita spirituale, anzi attraverso questo rituale religioso aiutiamo un'anima a ritornare per avere una nuova possibilità.
La gita insegna che quando un uomo desidera ardentemente un oggetto sviluppa una forma di attaccamento nei suoi confronti, da cui nasceranno desideri che frammenteranno l'energia vitale.
Lo scopo del celibato è quello di preservare l'energia pranica. Gli yoghi affermano che l'autodisciplina della nostra vita sessuale è una delle chiavi di successo per accedere alle facoltà mistiche superiori degli stati di coscienza più elevati.
Tre sono i punti fondamentali su questo argomento:
Per raggiungere l'equilibrio quindi occorre fare l'amore con moderazione, considerando l'atto come un'occasione speciale, senza eccessivo attaccamento al sesso.
Celibato verbale (Vachika Brahmacharya)
Significa controllo sul proprio linguaggio e sull'uso di espressioni di carattere sessuale. Le familiarità oscene e le canzonacce dovrebbero essere evitate completamente. Tuttavia non bisogna esagerare, occasionalmente un'allusione scherzosa alla sessualità può essere davvero buffa e saper ridere è senz'altro più normale, più spirituale che rimanere seri e indignati. È bene ricordarsi che in ogni cosa dobbiamo cercare e trovare l'equilibrio.
Celibato fisico (Sharirik Brahmacharya)
Premesso che per l'individuo sposato è importante non avere alcun timore riguardo alla sessualità e alle relazioni intime, né temere l'estasi, giacché essa ci ricorda l'amore di Dio. Ci sono alcuni consigli che secondo lo Yoga andrebbero applicati:
1) Evitate di mangiare cibo preparato da una persona che irradi una forte sessualità o troppa negatività.
2) Tenete pulito il corpo (quando il corpo non viene tenuto abbastanza pulito secerne energie che provocano eccitamento fisico e sessuale). È quindi consigliabile fare almeno un bagno o una doccia al giorno, ponendo particolare attenzione alle zone di secrezione (ascelle, inguine…). Queste zone vanno lavate con acqua tiepida evitando prodotti irritanti.
3) La biancheria intima dev'essere particolarmente pulita e cambiata quotidianamente.
4) Il cibo deve essere composto di alimenti facilmente digeribili e non stimolanti.
5) Gustate la sessualità con un atteggiamento "nobile": l'amore è un fenomeno attraverso il quale andiamo, insieme ad un'altra persona verso l'illuminazione.
6) Quando fate l'amore fatelo con la totalità del vostro essere, siate limpidi mentalmente: l'amore è un mezzo per dirigere grandi quantità di energia pranica attraverso il proprio corpo e tuttavia, solo dirigendo questa energia vitale verso il vostro partner, con tutto l'amore fisico e mentale possibile, riceverete la stessa quantità di energia cosmica nel vostro universo.
5° YAMA: LA NON-AVIDITÀ (APARIGRAHA)
È il quinto e ultimo yama, ma per importanza è il secondo, in quanto la sua pratica è la chiave del controllo dell'energia della vita.
Dice Patanjali che colui che è fermamente stabile nella "non avidità", comincia a capire chi è, che cos'ha, chi è stato nella sua precedente incarnazione e chi sarà nella prossima.
Lo scopo degli yama è di portare la pace, la tranquillità e la serenità mentale. Se oggi combattete per un mese per fare scomparire un desiderio, l'allenamento e la disciplina faranno in modo che fra qualche tempo (quanto dipende da voi), la vostra battaglia duri solo più cinque minuti, più tardi basteranno 5 secondi, il tempo di dire "NO" alla mente e questa saprà che quando è no è no, e non reagirà.
Si potrebbe dire, dunque, che tutte le regole dello Yama sono unite da un unico proposito: impedire allo yoghi di dare un indirizzo sbagliato alle proprie energie che egli deve incanalare verso delle azioni costruttive, per mezzo delle quali raggiungerà il potere indispensabile per ottenere delle forme di realizzazione molto più alte.
Con l'Ahimsa, LA NON VIOLENZA, egli non sciupa le energie in aggressività.
Il NON RUBARE e il non desiderare la roba d'altri l'aiuterà a non sciupare inutilmente le sue forze in desideri futili ed in ciò che non gli è di nessun giovamento per aiutarlo a camminare lungo il sentiero che conduce alla perfezione.
Con il NON ESSERE SENSUALE egli sottrae la sua energia all'attrazione dei piaceri esterni ed in tal modo potrà godere liberamente dei piaceri più grandi, più delicati, provenienti dalla beatitudine dell'anima.
Con la NON AVIDITÀ ed il non attaccamento, egli conserverà intatta l'energia per camminare spedito verso la libertà.
Un secchio bucato non può essere riempito di latte. La mente dell'uomo, nello stesso modo, non può essere colmata di pace divina se è continuamente dispersa dall'attaccamento ai desideri. Le regole dello Yama vogliono aiutare lo yoghi a "tappare i buchi" del corpo e della mente affinché non si perda il "latte"della pace divina.
Con la pratica dei niyama potrete acquisire le seguenti capacità:
secondo la classificazione di Patanjali. Esistono 5 niyama:
Comporta due livelli: quello interiore e quello esteriore
Il saggio Manu precisa che:
Purezza intellettuale (Baudhika Shaucha)
Significa osservare il voto di elevare i propri pensieri e le proprie emozioni a livelli superiori, significa anche raccogliere ed attivare la "guna sattvica", ovvero la purezza superiore, e questa grandezza spirituale deriva dalla risalita delle energie situate nel chakra del cuore. Quasi tutto il genere umano funziona ancora a livello del chakra di Marte (il plesso solare), mentre è soltanto raggiungendo il chakra del cuore che possiamo conoscere uno stato di coscienza superiore.
Quasi tutto il genere umano funziona utilizzando il chakra di Marte (il plesso solare), è solo raggiungendo il chakra del cuore che possiamo raggiungere un livello di coscienza superiore. Rispettando il voto di niyama armonizziamo i chakra superiori, permettendo quindi alla forza di vita di cominciare la propria ascensione. In breve, diciamo che lo scopo dei niyama è di permettere alla forza vitale (che già è stata sviluppata e concentrata) di accedere ai chakra superiori, dando accesso a stati di coscienza più elevati.
La purezza intellettuale si acquisisce mantenendo costantemente pensieri nobili:
Purezza verbale (Vachika Shaucha)
La purezza verbale consiste nella pratica costante della purificazione del chakra della gola parlando senza giri di parole ed in modo consolante, armonioso e dolce per l'elevazione dello spirito. La purezza del linguaggio si acquisisce sia mediante la pratica del "pajan" (il canto a voce alta e distinta), sia mediante il pranayama (le tecniche respiratorie). Nel corso di tali pratiche che conducono alla purezza verbale, il chakra della gola viene stimolato e la coscienza va a raccogliersi nel suo centro. E l'energia si eleva dal chakra del cuore verso il chakra della gola, proprio come l'acqua di un fiume spirituale che risale verso l'oceano dell'esistenza.
Purezza fisica (Sharirik Shaucha)
La purezza fisica deve essere osservata contemporaneamente all'esterno e all'interno: purezza esterna significa pulizia del corpo, che va lavato con acqua e sapone. La purezza fisica esteriore implica anche atteggiamenti corporei dolci e armoniosi, che si sia seduti o in movimento, astenendosi dai gesti inusitati e suggestivi. Significa praticare i mudra, che sono gesti sacri i quali richiamano ed equilibrano le forze di vita superiori.
Coltivare, raccogliere e mangiare il nostro cibo è una parte importante della shaucha sul piano fisico, proprio come il digiuno per la pratica della purezza fisica interna. Quando lo yogi è stabile nella purezza fisica interiore ed esteriore, percepisce la "luce" che risiede nel tempio; quando questa luce si intensifica in un modo concreto, egli comincia a perdere l'attaccamento per il suo guscio fisico, e diventa più cosciente del fatto di essere un'anima che funziona grazie al concorso di un corpo e di una mente, e non un corpo che abbia una mente e forse un'anima.
La purezza interiore di un corpo ci permette di concentrare tale luce sotto forma di sfera o di disco nel chakra solare, facilitando la discesa dell'energia solare, il che procura beatitudine ai chakra inferiori, mentali e fisici. È con questo procedimento che si raggiunge la Realizzazione di Dio.
Quando l'uomo viveva in stretto rapporto con la natura, non aveva affatto bisogno che gli si ricordasse le necessità di lavarsi: il corpo era poco coperto, e quindi veniva lavato dalla pioggia e sfregato dagli arbusti, dall'erba, ecc., il che stimolava la pelle ed evitava, contemporaneamente, l'accumularsi di sporcizia.
Quando cominciò a "civilizzarsi", l'uso degli abiti comportò un gran cambiamento nel suo modo di vita: cominciò a bagnarsi sempre meno, e abbiamo già spiegato l'importanza della pulizia nel capitolo sul brahmacharya.
La pelle è l'organo sensoriale che ha la massima superficie di espansione; trasuda continuamente, ed ogni centimetro quadrato di pelle contiene diverse centinaia di pori profondi da 1,5 a 3 mm; sono le ghiandole sudoripare, e ce ne sono circa trenta chilometri nel corpo di ogni individuo.
Se i pori cessano di funzionare, una gran quantità di scorie quotidianamente eliminate entreranno nel sistema circolatorio e dovranno essere filtrate dai reni che saranno così sottoposti inutilmente ad un eccesso di lavoro. Ciò che la maggior parte di persone non capisce è che questo essudato - che viene comunemente denominato "sudore" - è una secrezione proveniente dalla circolazione sanguigna, carica di residui: se i pori della pelle non vengono tenuti puliti, queste scorie tendono ad accumularsi nel sangue e diventa molto difficile elminarle. Se la pelle non è pulita:
a. l'accumulo di residui in superficie diventa un luogo propizio alla proliferazione batterica;
b. i grassi naturali non vengono più eliminati; la pelle diventa rugosa e secca, ha tendenza a screpolarsi, rischiando così infezioni dall'ambiente esterno. La pelle è formata da tre strati: lo strato esterno, ovvero l'epidermide, è costituito da cellule che hanno vita breve e si rinnovano costantemente; le cellule morte formano quindi una fine pellicola che tende ad ispessirsi se la pelle non viene lavata regolarmente. Sebbene la maggior parte di queste cellule vengano eliminate dal semplice sfregamento dei vestiti, ne resta sulla superficie cutanea una quantità non trascurabile che rischia di otturare i pori;
c. la temperatura del corpo, e quindi la salute nel suo insieme, può subire danni: i pori hanno una funzione vitale per mantenere sotto controllo la temperatura corporea; conosciamo esempi di persone che, durante le feste popolari (Carnevale, Martedi Grasso,...) si erano ricoperte tutto il corpo con pittura dorata, e sono morte abbastanza rapidamente per un brusco aumento della temperatura interna causato dall'otturazione dei pori. Vediamo così l'importanza di mantenere una temperatura costante nel corpo.
Nei tempi antichi, il momento migliore per prendere un bagno era l'alba. Oggi, tuttavia, l'uomo moderno, preferisce farlo la sera, dopo una giornata di lavoro, per eliminare le tensioni accumulate. Bagnare e sfregare vigorosamente il corpo con le mani o con un guanto permette di eliminare i batteri in superficie e stimolare la circolazione del sangue; se si fa uso di sapone, è meglio non insaponarsi sistematicamente ad ogni bagno.
Dopo la pulizia esterna, viene la pulizia fisica interna. I sei esercizi di purificazione che seguono sono chiamati Shat Kriya o Shat Karma; praticandoli, si ottiene un maggior controllo nonché una purificazione dei nadi fisici. È grazie alla pratica degli yama e dei niyama che i canali mentali cominciano a purificarsi sufficientemente per consentire, quindi, la purificazione sul piano fisico. Tali tecniche sono qui enumerate per consentire una migliore comprensione del processo di shaucha, la purezza; tuttavia, dovrebbero essere studiate e praticate soltanto sotto la sorveglianza di un maestro spirituale.
2° NIYAMA: L'APPAGAMENTO (Santosha)
È considerato il più importante delle "osservanze": consiste nell'atteggiamento di essere contenti con ciò che si ha e non desiderare ciò che non si è guadagnato: questo significa che non vi disturberà ottenere dalla vita meno di quanto vi sareste aspettati; allo stesso modo non dovreste sentirvi particolarmente gratificati dal possedere più di quanto non avreste sperato.
Appagamento intellettuale (Baudhika Santosha)
Il sapersi accontentare intellettualmente significa essere psicologicamente pronti a separarsi da ciò che non è necessario; ad un livello più profondo, significa che non dovreste essere turbati se il superfluo vi viene portato via, il che implica anche che non dovreste lamentarvi della società, del destino o di Dio, se ciò che acquisite è insufficiente rispetto alle vostre necessità. Dovreste piuttosto meditare e comprendere la legge dell'abbondanza e la legge del karma.
Il fattore importante di questo niyama è di essere contento in ogni situazione e, contemporaneamente, di avere accesso ad uno stato di coscienza quieto ed equilibrato. Il saggio Manu dice che il sapersi accontentare significa guadagnare solo ciò di cui si ha quotidianamente bisogno per soddisfare le necessità della famiglia, dell'ospitalità e dei rituali a carattere religioso.
Il sapersi accontentare è alla base della felicità; la felicità è alla base di una mente quieta; una mente quieta è la base che consente di raccogliere l'energia e il raccogliere l'energia è alla base dell'iniziazione.
Alcune persone ritengono che i guadagni e le perdite sono qualcosa di predestinato, e che quindi i nostri tentativi per sentirci appagati non dovrebbero dipendere dalle fluttuazioni karmiche; altri, invece, ritengono che non vi è nulla di predeterminato nelle perdite e nei guadagni, e che, proprio per questo, il sapersi accontentare dovrebbe essere sviluppato. Ad ogni periodo della vostra vita, e quale che sia la situazione in cui vi trovate, dovreste sentirvi appagati, altrimenti la mente è turbata e questo comporta una dispersione delle forze vitali; tale dispersione impedisce il risveglio dei chakra superiori e l'equilibrazione dei chakra inferiori. Soltanto se si è contenti si può essere quieti e comprendere la bellezza della vita! Quindi, se un individuo non cerca questo stato di appagamento, o se non l'ha raggiunto, utilizzerà pateticamente tutte le sue energie nel tentativo di acquisire oggetti per il proprio piacere; egli sarà allora prigioniero della catena delle aspettative che produrrà il turbamento mentale.
Appagamento verbale (Vachika Santosha)
Sapersi accontentare verbalmente significa abbandonare la verbosità e le chiacchiere superficiali. Le parole amare, le grida e gli insulti sono forme di non-appagamento verbale. Acquisirete questa capacità controllando e rinunciando ad un linguaggio aggressivo e tagliente, accontentandovi di parlar poco, evitando la controversia e praticando di quando in quando periodi di silenzio spirituale (mouna). Il fatto di sentirsi appagati verbalmente è una necessità assoluta per accedere all'appagamento intellettuale.
Ogni forma di appagamento può essere realizzata mediante la comprensione della filosofia del Kriya yoga e realizzando la saggezza nel corso della propria vita: ciò che vi viene tolto, in effetti, non vi viene tolto, ma piuttosto trasformato o riconvertito in qualcosa che vi sta molto più a cuore. La comprensione della saggezza della Vita conduce all'appagamento.
Appagamento fisico (Sharirik Santosha)
L'appagamento fisico significa che non dovreste mai essere violenti con qualcuno o qualcosa; ciò implica che il corpo non dovrebbe in alcun modo, né sotto alcuna forma, esser dominato da movimenti maldestri, infelici o, addirittura, distruttivi. Ad un livello più profondo, ciò significa dimenticare ferite ed ingiurie del passato sul piano affettivo, a tal punto che l'insieme corpo-mente si sforza di non ferire più nessuno.
Il saggio Vyasa, commentando l'appagamento, dice che, in questo mondo, gli oggetti grossolani vengono percepiti dagli organi sensoriali, mentre gli oggetti più sottili vengono percepiti attraverso il nostro corpo sottile e il nostro corpo astrale. Tuttavia, il piacere che ci procurano non corrisponde neppure ad un sedicesimo di quello che si manifesta quando i nostri attaccamenti fisici, verbali e mentali finiscono. Se un uomo incapace di appagamento sul piano fisico, possiede alcuni oggetti, finirà col desiderarne centinaia di altri, poi migliaia, milioni perché questo fa parte della natura stessa della bramosia.
La ricerca del sapersi accontentare è uno degli scopi supremi dello yoga e questo viene espresso da due antichissimi insegnamenti:
1. quand'anche un uomo possedesse Dio, ma non si sapesse accontentare, che cosa avrebbe, in realtà? Ma se non possiede Dio e sa accontentarsi, allora ha tutto;
2. una montagna è immensa ma l'oceano è ancora più grande, il cielo ancora di più, e naturalmente la Realtà è il più grande di tutti; ma la bramosia sorpassa tutto questo, perché è lei che tiene fra gli artigli i quattro mondi. Così, colui che rinuncia alla bramosia conosce l'appagamento e si ritrova colmo di ogni bene.
Il terzo niyama è l'austerità, definita come capacità di sopportare la fame, la sete, il caldo e il freddo nonché le altre difficoltà.
Grazie alla pratica dell'austerità intellettuale, verbale e fisica si possono far comparire i "siddhi" ovvero l'energia yoghica che si libera dentro di noi e ci permette di accedere all'inaccessibile.
Austerità mentale (Baudhika Tapas)
Nella coscienza mentale dell'umanità scorrono due correnti opposte: quella del pensiero e quella dell'emotività. Ad esempio, nel campo del pensiero, una corrente sarà "Posso fare questa cosa", mentre l'altra dirà "Ho paura di farla". Nel campo dell'emozione questo si tradurrà in "amo" e "odio". L'austerità mentale significa riequilibrare queste tendenze opposte, il che comporta l'eliminazione dell'attaccamento, dell'ego e della presunzione; dopo di che la mente, non più distratta, entra in stato di quiete, centrata ed equilibrata, il che consente di tenere sotto controllo gli organi sensoriali. Esercitando questo controllo si è allora capaci di interiorizzarsi nell'universo dei chakra. La consapevolezza nei confronti di un chakra equivale ad accedere al siddhi relativo.
La Gita precisa che l'austerità mentale consiste in:
1. quiete mentale
2. equanimità mentale
3. silenzio mentale
4. controllo delle propensioni non equilibrate.
Una volta conseguiti questi quattro aspetti dell'austerità mentale, si purifica il chakra Anahata (quello del cuore). Quindi si purifica un atteggiamento facendolo diventare giusto e appropriato. Se la quiete e l'equanimità mentali non sono conseguite e se non vi è alcun controllo su tendenze non equilibrate, ci sarà una grande dispersione ed un frammentarsi delle correnti vitali raccolte mediante la pratica degli yama e dei niyama. Essenzialmente l'austerità mentale consiste nel non permettere che gli organi sensoriali si attacchino agli oggetti dei sensi.
La Bhagavad-Gita dice che tre sono le porte dell'angoscia, nemica del risveglio, ovvero: l'avidità, la collera e il desiderio.
È importante sottolineare che se l'intelletto è schiavo di uno di questi stati, anche la mente lo diverrà. È nella natura propria della mente il correre dietro agli oggetti e quindi allontanarsi dalla consapevolezza dei chakra equilibrati. Così essa si allontana anche dalla saggezza e dalla coscienza cosmica. Tuttavia, grazie all'austerità mentale, la mente può ritirarsi dai suoi movimenti esterni per ritrovare una qualità di consapevolezza interiore.
Austerità verbale (Vachika Tapas)
L'austerità nel linguaggio consiste nel reprimere l'agitazione verbale, il che implica generalmente che si evitino le parole che possono ferire e muovere critiche, ma anche le discussioni tendenzialmente aggressive che potrebbero far male a qualcuno. Bisognerebbe anche evitare di alimentare o attivare propositi malevoli altrui. L'austerità verbale significa che dovreste solo dire parole belle, pregnanti e necessarie. Spesso anche il voto di silenzio è considerato una forma di austerità verbale.
Austerità corporale (Sharirik Tapas)
Un individuo che pratica l'austerità corporale dovrebbe poter sopportare la sete o la fame, il caldo e il freddo, il guadagno o la perdita. La capacità di sopportare prove fisiche è estremamente importante se si vuole raggiungere la felicità. È noto che senza prove fisiche non si può sviluppare l'autodisciplina e che senza autodisciplina non si può conoscere l'appagamento; si dice anche che India, il re di tutti gli dei, praticò le austerità per 104 anni, e che al termine di questo periodo soltanto acquisì la conoscenza della creazione. D'altronde, su un piano mistico, la pratica dell'austerità fisica che consiste nel sopportare la fame e la sete, il caldo ed il freddo nonché altre paia di situazioni contrarie, è estremamente importante.
È grazie alla comprensione e alla capacità di sopportare tali situazioni contrarie, che si impara ad equilibrare le grandi opposizioni che abitano in noi, ida e pingala (il lato sinistro e destro dei chakra), e questo per consentire il risveglio di sushumna che conduce alla Realizzazione di Dio. Non è sufficiente purificare il corpo soltanto, bisogna anche elevare e dirigere le energie verso tutti i chakra. Soltanto quando tale energia viene condotta nel corpo, e diretta verso i chakra superiori, la coscienza può spostarsi attraverso il canale equilibrato verso i regni più sottili della supercoscienza
La Gita precisa che esistono tre tipi di austerità:
1. tamasica (pesante)
2. rajasica (passionale)
3. sattvica (calma e posata).
Secondo la Gita, le austerità praticate in modo testardo sono "tamasiche", quelle praticate allo scopo di acquisire qualcosa sono dette "passionali", quelle praticate senza desiderio, al solo scopo di realizzare l'appagamento e l'equilibrio dei meccanismi mentali interni sono "sattviche"; il risultato delle austerità tamasiche o rajasiche non dura, e in realtà l'austerità sattvica che purifica il corpo, l'intelletto e la mente è l'unica che dovrebbe essere praticata.
La filosofia dello yoga
precisa che tutte le vostre attività ed atteggiamenti dovrebbero
essere improntati alla moderazione: dovreste dosare gli sforzi spirituali
proprio come il lavoro o le distrazioni, in modo da non essere mai in uno
stato di pesantezza o di fatica su nessun piano, sia esso fisico, mentale
o spirituale. Secondo i saggi antichi, la mente, fin dall'inizio dei tempi,
si è legata al desiderio: è dunque importante purificare la
mente dai desideri ai quali si aggrappa, e lo yogi sostiene che la
mente non può essere purificata senza la pratica dell'austerità.
4° NIYAMA: LO STUDIO DEI TESTI SACRI (SVADHYAYA)
Studiare per proprio conto conduce all'illuminazione, come alla liberazione; significa impiegare tecniche mistiche che conducono alla realizzazione dello Spirito e della vita nella sua pienezza. Tali tecniche mistiche sono lo studio dei testi sacri di tutte le religioni che insegnano i mezzi e i metodi che conducono all'illuminazione.
Studio individuale intellettuale (Baudhika Svadhyaya)
Lo studio intellettuale è la pratica di una o più fra le tecniche seguenti:
2. Canto mentale dell'Ishta mantra (il mantra che vi siete scelti voi) nel corpo intellettuale del chakra di Mercurio.
3. Canto mentale del Gayatri mantra scrivendolo in modo creativo nel corpo intellettuale del chakra di Mercurio. il Gayatri mantra viene dato agli studenti soltanto dopo un lungo periodo di disciplina spirituale, di purificazione e di insegnamento.
4. Lettura e studio delle Sante Scritture e delle filosofie che conducono alla realizzazione dell'ideale di vita.
5. Meditazione sulle filosofie e i testi sacri.
6. Contemplazione interiore per trovare in sé la realtà dei fenomeni attestati in queste scritture.
Molti maestri suggeriscono, nelle tecniche indicate precedentemente, di scrivere il mantra con una matita luminosa immaginaria dietro la fronte, piuttosto che nel chakra della gola: in tal caso, queste lettere di luce devono essere visualizzate molte volte, chiaramente e mantenute fermamente visibili nel silenzio della contemplazione senza nessun tipo di attività fisica. Lo studio intellettuale per conto proprio è una delle vie più sicure che conducono alla Realizzazione di Dio.
Studio individuale verbale (Vachika Svadhyaya)
Lo studio verbale è la lettura ad alta voce di testi sacri che contengano una conoscenza spirituale, e questo in qualsiasi lingua o in qualsiasi traduzione essi siano scritti.
Lo studio verbale significa anche insegnare oralmente le antiche conoscenze per lo sviluppo spirituale, scrivere sulla saggezza spirituale e commentare i testi antichi: nell'Induismo, questi testi sono i Veda, le Upanishad, la Bhagavad-Glta, i Purana, il Ramayana e il Mahabharata, nonché i testi delle sei scuole ortodosse della filosofia indiana. Nella tradizione dello yoga, lo studio si fonda sulle Upanishad, i testi del Sanlkya Yoga, lo Yoga Sutra e la Gita, nonché su altri testi a carattere religioso o filosofico che il maestro o il discepolo considerano necessari per lo sviluppo spirituale di quest'ultimo.
Lo studio verbale consiste, infine, nel cantare ad alta voce mantra, testi sacri e i nomi di Dio, ed anche nel pregare ad alta voce.
Studio individuale fisico (Sharirik Svadhyaya)
In ogni forma di studio è indispensabile che il corpo cooperi: quando pensate o scrivete siete sostenuti dal corpo, e per questa ragione molte persone considerano che lo studio intellettuale e lo studio verbale siano, in verità, anche studio fisico. Lo studio fisico implica un asana (postura) corretto, nonché un atteggiamento corporeo nella vita quotidiana che rivelerà ad ognuna delle vostre cellule tutto ciò che avete appreso nel corso del vostro studio. Svadhyaya ha un doppio significato:
1. lo studio dei testi
2. lo studio del sé e delle sue componenti.
Lo studio fisico individuale è la conoscenza delle vostre capacità corporee, nonché lo sviluppo e il controllo degli organi sensoriali e dei vari "gusci".
Sri Vyasa precisa che dopo uno studio individuale verbale o intellettuale lo studente dovrebbe concentrarsi su ciò che ha appena letto, pensato o vocalizzato. Durante questa concentrazione, cercherà di assumere e consolidare ciò che ha studiato riassumendolo in un solo paragrafo, poi in una sola frase, ed infine - se gli è possibile - in un'unica parola. Così, grazie a questa tecnica, quando quella sola parola verrà ripetuta, la frase intera, poi il paragrafo, poi l'intera materia di studio gli ritorneranno in mente, consentendo un apprendimento completo e sicuro. Dopo aver contemplato i suoi dati verbali ed intellettuali, lo studente dovrà meditare sullo studio di sé e questo lo condurrà dal piano intellettuale al piano della rivelazione del Sé.
Nella tradizione yogica, OM è il simbolo della Realtà; tramite la recitazione, la concentrazione, la contemplazione e la meditazione su OM, si raggiunge la Realizzazione di Dio. È in questa realizzazione che colui che cerca può comunicare con Dio allo scopo di equilibrare la propria vita in tutta la sua pienezza; quest'espansione verso la coscienza cosmica non è soltanto comprensione della natura profonda della vita, ma anche comprensione della vostra propria natura in quanto individui.
5° NIYAMA: ARMONIZZARSI CON DIO (ISHVAR-PRANIDHANA)
ll quinto ed ultimo niyama è Ishvar-pranidhana, al quale corrispondono numerose traduzioni a seconda dei maestri; alcune traduzioni includono le nozioni di armonizzazione con Dio, di meditazione su Dio e di devozione a Dio. Qualsiasi sia la traduzione che si dà ad Ishvar-pranidhana, il significato del termine è chiaro e molto importante: lshvar-pranidhana significa una dedizione totale e assoluta, senza riserve né equivoci, in ognuno dei nostri atti (e questo intellettualmente, verbalmente o fisicamente) nei confronti dell'Ideale che abbiamo scelto nella vita (Ishvar).
Ishvar può essere tradotto come "deità personale", individuale; se siete cristiani, questa deità può essere il Cristo; se siete cattolici, può essere Maria; se siete induisti, può essere Krishna e se siete buddhista, Buddha. Ma per lo yogi, si tratta di Dio, al di là del suo aspetto formale.
Essere centrati in Dio è una necessità assoluta che comporterà il distacco nella vostra vita spirituale, distacco che si espanderà in tutti i campi della vostra esistenza, sul piano cosciente, sul piano del sub-conscio e del super-conscio. Centrarsi in Dio è descritto magnificamente in un versetto della Gita che dice:
"Tu puoi agire, ma non puoi avere i frutti dell'azione."
Quale che sia l'azione che intraprenderete, dovrà essere fatta non allo scopo di ottenerne un risultato ma unicamente perché essa deve essere intrapresa di per sé.
Conoscevo, una volta, due studenti di medicina: il primo voleva diventar medico per la buona reputazione che gliene sarebbe derivata, ed ogni giornata di studio gli sembrava pesante e lunga; l'altro desiderava diventar medico per aiutare e curare la gente, ed ogni giorno gli sembrava un giorno benedetto; per lui, lo studio era una totalità in sé, giacché aveva dedicato tutta la vita e la sua anima al proprio Ishvar, il Dio della guarigione. il primo studente, invece, quello che si aspettava gloria e fama, viveva ogni giorno una vita infelice.
Quest'ultimo niyama è la summa dei nove yama e niyama precedenti: tutti conducono a questo punto di crescita di primaria importanza, detto Ishvar-pranidhana. Se non si raggiunge questo niyama, la mente e i sensi, con i loro desideri, timori e aspettative, disperderanno le forze praniche, creando un vero e proprio caos che renderà molto improbabile il risveglio mistico. Con un po' di padronanza di Ishvar-pranidhana, le correnti vitali possono essere intensamente ricondotte verso l'interno, sicché vengono attratti verso l'interno i sensi, la consapevolezza, e diverrete più coscienti della vostra vita interiore!
È il passaggio dalla meditazione soggettiva alla meditazione oggettiva, che conduce al Maha-Guru, il Dio Interiore:
questo Signore è stato l'istruttore fin dall'inizio dei tempi, persino nelle epoche più antiche, ed è grazie al Dio interiore che tutti ricevono gli insegnamenti. Questo è l'auspicio di ogni vero guru.
È dedicando tutte le nostre azioni ed i frutti delle azioni che la purificazione, la semplificazione, la stabilizzazione e la meditazione della mente diventano possibili, consentendo così di realizzare la coscienza cosmica; è con la pratica dei dieci yama e niyama che si gettano le fondamenta della vita spirituale che permette di raggiungere la Realizzazione di Dio nel corso di questa stessa vita, in questo corpo e in questa mente.
RICORDATE: qualsiasi cosa facciate, fatela con amore e gentilezza... e soltanto dopo, siate previdenti. Qualsiasi cosa facciate, cercate con diligenza la vostra propria illuminazione!
OM SHANTI, SHANTI, SHANTI
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