Lettera Nº5: Il denaro
(Inviata il 18 febbraio 2000)
Cari amici,
la Crescita Personale di questa settimana affronta un argomento ancora per molti considerato ‘tabù’: Il denaro. Soprattutto da chi si avvicina alla spiritualità, il denaro viene speso visto come il ‘demone’ da cacciare, da evitare. Il denaro in se non è né pulito né sporco, dipende dall’uso che se ne fa. Vogliamo affrontare l’argomento?
Buona lettura!
Marilù
SOMMARIO:
§ Una nuova coscienza del denaro (1)
§ Le convinzioni acquisite
§ Denaro, prosperità, ricchezza
§ Il denaro e i valori
§ Cominciamo la disintossicazione: denaro come strumento di crescita
§ Le convinzioni acquisite
§ Approfondimenti
§ Del denaro hanno detto
§ Bibliografia
UNA NUOVA COSCIENZA DEL DENARO (1)
Nel processo di acquisizione di maggior consapevolezza personale e di potenziamento e integrazione della coscienza individuale, l’uomo occidentale si è progressivamente calato nella materia fino ad arrivare a indagarla nei suoi componenti ultimi (basti pensare alla fisica subatomica). La materia lo ha lentamente e letteralmente affascinato e questo innamoramento da un lato lo ha reso cieco all’altro aspetto, quello spirituale, dall’altro lo ha catturato nel “metodo” materiale per eccellenza, quello della separatività. La legge di economia, infatti, che governa la distribuzione della materia, fa sì che essa segua sempre la linea di minor resistenza, il che genera l’azione separativa tipica della materia stessa.
Oggi ognuno di noi risente di tutto questo nel suo rapporto con il denaro e per poter cominciare a cambiare qualcosa ed attivare in noi un nuovo senso di ricchezza e prosperità è necessario prendere coscienza di ciò che la semplice idea del denaro si porta dietro quasi senza che ce ne accorgiamo.
Ciò di cui ci accorgiamo sono invece le emozioni che sorgono in noi, profonde ed intense, quasi veri e propri tumulti interiori, se non conflitti, al punto che è molto più imbarazzante essere sinceri sulle nostre questioni di denaro che non su quelle di sesso. Essere realmente chiari e sinceri sulla propria situazione finanziaria è cosa quasi inesistente anche tra buoni amici. Come mai?
§ Le convinzioni collettive inconsce
§ Il denaro come droga
§ Drogati di denaro
Il denaro tocca corde profonde e ataviche legate a bisogni fondamentali.
Il primo, il bisogno di sicurezza, nasce da una reazione alla Grande Paura Originaria, la paura della carestia, di non avere abbastanza; il secondo, il bisogno di auto-accrescimento, si nutre della Grande Avidità Originaria, che rappresenta la controparte dinamica della grande paura.
L’avidità è aggressiva e insaziabile, illimitata nel suo desiderio e spesso persegue i propri scopi contro quelli del bisogno di sicurezza, spingendo al rischio sconsiderato. In ognuno di noi esiste questo profondo conflitto originario tra paura e avidità che impedisce di trovare un equilibrio stabile, seppur dinamico, nel rapporto con il denaro e lo vincola ad una emotività oscura, non di rado irrazionale, che di questi tempi appare così evidente in tutte le vicende legate alla Borsa internazionale.
Il processo di riorientamento, necessario per liberare il denaro da questi pesanti fardelli che gli si sono attaccati nel corso dei secoli, comporta una purificazione individuale, una vera e propria disintossicazione, che inizia dal prendere coscienza dei meccanismi inconsci che difendono la paura e l'avidità dentro di noi.
Le due reazioni più comuni all’idea del “vil (sic!) metallo”, quella di desiderio, brama, di “eterna ricerca”, come quella - solo apparentemente opposta - di rifiuto, di disinteresse, di “eterna fuga”, si basano su idee e convinzioni ben precise anche se non consapevoli. Spesso tali convinzioni inconsce sono tra loro contraddittorie, alternative e ci spaccano dentro e noi arriviamo ad odiare la causa di tale sofferenza, il vil denaro, appunto.
Se la nostra convinzione è che il denaro sia il «diavolo», che i ricchi non entreranno nel regno dei cieli, che il denaro è sporco, è molto probabile che cercheremo di sfuggire ai soldi, boicottando senza rendercene conto le iniziative che potrebbero portarci un maggior benessere economico.
Se, al contrario, siamo convinti che i soldi facciano la felicità ci concentreremo quasi ossessivamente sul fare soldi come condizione “sine qua non” per essere felici, con il rischio di perderci tutto il resto (gli affetti, la scelta di un lavoro che risponde ai nostri valori e non a quel certo livello di stipendio, la conoscenza di noi stessi...). Un giorno ci ritroveremo ricchi e infelici e allora andremo a ingrossare le schiere di chi sostiene che “i soldi non fanno la felicità”. Lo stesso vale se siamo convinti che i soldi diano il potere o l’accettazione sociale.
In questi ultimi anni, si sta diffondendo una nuova ideologia del denaro (definita new age o next age anche se si radica nella visione protestante), coltivata dalla mentalità americana e da lì esportata nel resto del mondo, secondo la quale il denaro e il successo sono il segno “della benevolenza di Dio per i suoi eletti”. Sostituite la parola “Dio” con universo, energia cosmica e “suoi eletti” con uomo spirituale, autorealizzato, integrato e avrete il motto della nuova religione economica.
Questa visione è una sorta di riedizione ultimo grido di quella che l’ha preceduta, secondo la quale i soldi danno il potere, il prestigio, il rispetto, la felicità e che ha rappresentato l’ideologia a sostegno del consumismo occidentale.
I pericoli ad essa legati sono insidiosi e vale la pena soffermarci un attimo a rifletterci su.
Innanzitutto l’equazione “denaro = successo = sostegno dell’universo = sto facendo la cosa giusta” crea una nuova ipocrisia, ancora più subdola dove trovano giustificazione comportamenti e motivazioni che tradiscono altri valori, come la solidarietà, la condivisione, la commensura.
Nel corso dei secoli abbiamo raffinato la nostra capacità di essere aggressivi e egoisti spostandoci dal piano fisico della violenza sanguinosa, a quello emotivo e mentale delle prevaricazioni verbali, indirette, finanziarie come lo spostamento di capitali sul pianeta, o allo scontro di ideologie di varia natura e ora stiamo assistendo allo spostamento di tale guerra sul piano pseudo spirituale. Le armi sono state mimetizzate sotto nomi altisonanti e carichi di valore transpersonale, ma i moventi - cioè la reale direzione e qualità dell’energia sottostante - non sono mutati: la paura e l’avidità originarie sono ancora lì, sempre più forti perché sempre più occultate e quindi protette.
Nello stesso tempo, giustificando a priori la ricerca ossessiva di soldi, questa dottrina impedisce di accedere al vero valore psicoenergetico del denaro, creando una confusione nella quale il consumismo continua a prosperare e il materialismo a vincere.
Di denaro siamo drogati, nella convinzione che i soldi possano schiuderci le porte della felicità, del valore di se stessi, del senso della vita. Il valore di noi stessi sta nella nostra capacità di produrre denaro come primo valore, mentre la capacità di produrre valore è misurata dalla quantità di denaro che ne consegue.
“Il tentativo di sostituire il significato più evoluto della vita che solo intuiamo con la semplice compensazione economica porta a una sorta di pressione interiore che ci spinge ad arricchire rapidamente.”
J. Redfield - La visione di Celestino - Corbaccio, 1998
La visione psicoenergetica comporta invece una restaurazione dell’ordine dei livelli e il recupero del loro giusto rapporto, dove tutto coopera al bene e all’evoluzione della coscienza a patto che ogni cosa sia al posto che le compete e non si pretenda di spiegare il superiore, cioè ciò che è più evoluto, complesso, con ciò che è inferiore, cioè meno evoluto, più elementare. La frase di Redfield che ho riportato evidenzia precisamente questa confusione di livelli.
Se al posto della parola denaro o ricchezza economica mettiamo la parola «prosperità», molte delle contraddizioni di cui ho appena parlato si risolvono e le cose vanno al loro posto. Cosa significa “prosperità” e perché fa tanta differenza rispetto a “denaro”?
Il concetto di prosperità comprende in sé quello di ricchezza, quello di integrità, quello di frugalità e quello di “abbastanza”.
Integrità è allineamento tra i nostri valori e i nostri comportamenti.
Produce una sinergia interiore grazie alla quale tutti i vari aspetti della nostra natura si focalizzano in un’unica direzione.
Frugalità è un concetto quasi caduto in disuso che evoca rinunce e sacrifici ed è una sorpresa scoprirne l’etimologia che racchiude tre radice latine: «frugi», sobrio, non ubriaco (non tossicodipendente...);
«frux», saggio, retto, temperato; «fruor», fare uso, godere, prendere piacere da. Frugalità più che avere a che fare con la rinuncia ha a che fare con il trarre piacere da ciò che si fa o si ha. Vuoi dire essere soddisfatti, appagati, arricchiti realmente da ciò che si ha.
Molti “ricchi” lamentano di non avere il tempo per godersi ciò che hanno o di essersi riempiti di possessi che non hanno aggiunto nulla al loro senso di realizzazione se non grattacapi, fardelli e responsabilità.
Lo spreco non sta nella quantità di cose possedute, ma nel non riuscire a godersele.
Il concetto di «abbastanza» è strettamente collegato all’integrità e alla frugalità e presuppone una ricomposizione equilibrata di paura e avidità dentro di noi.
“Colui che sa di avere abbastanza è ricco”, dice il Tao Te Ching. È quel punto di equilibrio dinamico che aiuta a mantenere integrità e capacità di trarre saggezza e appagamento sia da ciò che possediamo che da ciò che facciamo.
*Cominciamo la disintossicazione: denaro come strumento di crescita
La disintossicazione, in realtà, è già cominciata attraverso le riflessioni che abbiamo fatto finora e nella misura in cui riconosciamo l’urgenza di cambiare le cose.
Poiché qualsiasi cambiamento comporta come primo passo l’abbandono del vecchio per creare uno spazio ricettivo al nuovo, è necessario andare a conoscere quanto più nel dettaglio è possibile i contenuti relativi al denaro di cui siamo pieni, quella parte di convinzioni inconsce collettive che abbiamo fatto nostre, e capire attraverso quali meccanismi o comportamenti o auto-immagini continuiamo a mantenerle in vita.
Si tratta quindi di farci carico della “nostra parte”, vale a dire di rivolgere l’attenzione dentro di noi per divenire consapevoli dei nostri personali meccanismi, convinzioni, idee, pregiudizi che tuttora ci impediscono di accedere alla coscienza di prosperità, riorientando così anche l’uso del denaro, per riconquistarne il potere di conciliare “cielo e terra” nella nostra vita.
Data la natura strettamente personale di questo argomento, non è possibile in un articolo prendere in esame in modo completo tutte le possibili combinazioni e variazioni sul tema dovute al fatto che ognuno di noi, come individuo unico e particolare, presenta peculiarità esclusive. Questo è possibile solo in un percorso di formazione mirato e guidato (seminario, consulenza, lavoro di gruppo, ecc.). Fatta questa debita premessa, vedremo di offrire alcuni spunti di riflessione che ciascuno potrà ampliare, arricchire, fare propri.
La Grande Paura e la Grande Avidità albergano in qualche misura dentro ognuno di noi. Quali sono le idee, le convinzioni, gli atteggiamenti con i quali le difendiamo?
In genere, quando ci si pone questa domanda per la prima volta, molte delle idee e delle convinzioni più radicate sono per una buona parte inconsce e capita che emergano alla coscienza con gradualità, grazie all’attenzione che vi poniamo.
Come prima cosa dobbiamo scoprire come certe idee sono “entrate dentro di noi”; per questo è importante prendere in esame il rapporto che in nostri genitori avevano con il denaro quando eravamo piccoli. Se volete potete tenere vicino a voi carta e penna e rispondere per iscritto alle domande che seguiranno.
1) Che cos’era il denaro per mio padre? Quali erano le sue frasi tipiche sui soldi? Quali eventi della sua vita sono stati strettamente collegati a questioni di denaro? Quali erano i valori sottostanti a tali eventi? Quali erano i valori di mio padre?
2) Ponetevi le stesse domande rispetto a vostra madre.
3) Che peso aveva il denaro nella loro relazione? Era fondamentale? Accessorio? Uno guadagnava e l’altro spendeva? Uno era generoso e l’altro tirchio? A chi vi rivolgevate per le vostre esigenze di denaro? Perché? Uno dipendeva dall’altro economicamente?
Potete anche chiudere gli occhi e andare con la memoria ad una tipica discussione di denaro tra i vostri genitori. Che atmosfera c’era in casa? Che cosa provavate voi di fronte a queste scene? Quali erano le idee implicite sul denaro che tali discussioni presupponevano?
4) Se ci sono state altre figure importanti nella vostra infanzia e giovinezza (un parente, un insegnante, un amico, la famiglia di un amico, ecc.) indagate con le stesse domande la visione del denaro che vi hanno trasmesso.
A questo punto dovreste avere una serie di liste: rileggetele con attenzione e segnate opinioni, idee, atteggiamenti, comportamenti nei quali vi riconoscete o che, in tutta onestà con voi stessi (questo è un requisito fondamentale), riconoscete essere presenti in voi anche se non vi fa piacere ammetterlo o se avete sempre sostenuto il contrario.
Magari vostro padre ha comprato la dedizione e la fedeltà di vostra madre con i soldi. Cosa rimane in voi dell’idea che l’amore possa essere comprato con i soldi? Oppure rimane in voi la paura e il pregiudizio verso le persone con molto denaro perché avete timore che possano comprarvi?
Forse vostro padre è morto nel momento in cui aveva raggiunto il successo economico e ora in voi è rimasta l’idea che ottenere il successo voglia dire pagarlo con la propria vita. E ora magari vi trovate da un lato a inseguire il successo con tutti voi stessi, ma dall’altro c’è qualcosa che fa sempre finire male ogni vostra impresa.
Vi è sembrato che i vostri genitori abbiano cominciato a litigare proprio quando le cose cominciavano ad andare meglio finanziariamente e abbiano finito per separarsi (con tutto il dolore che voi avete vissuto per questo) per colpa dei soldi? Oggi forse la paura di perdere la felicità nella vostra relazione vi impedisce di fare andare meglio le cose dal punto di vista economico.
Oppure avete assorbito l’idea che i soldi fanno la felicità e diano la sicurezza e oggi, pur avendo molto denaro, state soffrendo perché vi pare che il denaro non abbia portato con sé la vostra autorealizzazione?
Potremmo continuare all’infinito; ma questi pochi esempi servono solo per farci capire il genere di impressioni di cui è necessario divenire consapevoli, mettendo a fuoco con chiarezza quello che abbiamo assorbito dagli altri. Le principali fonti di ansie, paure, contraddizioni, auto-boicottaggi e via dicendo sono la famiglia d’origine, di cui abbiamo abbondantemente trattato, la società e le nostre personali esperienze in materia fino ad oggi. Vale pertanto la pena dedicare ad ognuna di queste fonti la dovuta attenzione, adattando lo stesso metodo usato per i genitori agli altri settori.
Il passo successivo è quello di verificare come queste convinzioni assorbite sul denaro ci hanno condizionato e ci condizionano nel nostro rapporto con esso. Quali valori abbiamo fatto nostri nella gestione economica della nostra vita, forse senza rendercene conto? Questi valori sono in linea con gli altri valori in cui crediamo o no?
Un modo utile per fare questa verifica è fare una lista delle cose che ci stanno a cuore in questo momento della nostra vita. Fatta la lista, segnate vicino ad ogni voce quanto del vostro denaro spendete per essa (potete fare un calcolo medio in un mese o in un anno).
Ci sono cose cui tenete moltissimo (almeno così credete) per le quali non spendete nulla o troppo poco? Ci sono invece cose per cui spendete moltissimo ma che nemmeno compaiono sulla lista dei vostri valori?
In questa fase, molte persone si trovano a dover constatare di non avere una idea precisa di quelle che sono le loro spese in un mese o in un anno. Qualcuno neanche di quali siano le proprie entrate. E allora il caso di dedicarsi innanzi tutto a chiarire con la massima precisione possibile questo punto, eventualmente tenendo per qualche mese una registrazione di tutte le entrate e di tutte le uscite, senza trascurare gli importi minimi (spesso sono proprio le cosiddette spese trascurabili che alla fine del mese fanno cifre per nulla irrilevanti sul bilancio).
Ricordiamo che il denaro è «energia» di cui possiamo disporre a volontà.
Se vogliamo cambiare qualcosa nel nostro rapporto con esso dobbiamo farci un’idea precisa circa l’ammontare di questa energia disponibile e circa i nostri modi di utilizzarla. Altrimenti rimangono vaghe convinzioni, spesso aggiustate da quello che ci fa comodo o piacere pensare di noi stessi.
Ricordo il caso di una donna che lamentava sempre di non avere soldi per fare un lavoro di crescita personale come avrebbe voluto, la quale si rese conto di spendere in un mese un terzo del suo stipendio in cene al ristorante, biancheria intima e svaghi vari (cinema, gite, ecc.).
In questo caso, ad esempio, bisogna capire le ragioni di questa discrepanza. Possono essere le più diverse: questa donna è uscita da un lungo periodo di deprivazione personale e ora ha bisogno di dedicare molta energia al divertimento, al ricostruire un’immagine attraente di sé, alle relazioni sociali. Pertanto il lavoro di crescita personale di cui lamenta la mancanza non è in realtà in questo momento la cosa di cui ha più bisogno.
Oppure potrebbe invece essere chiamata a divenire consapevole di questa sua inveterata abitudine a sovraspendere in “generi voluttuari” accettando l’evidenza: nonostante i suoi valori dichiarati, nella realtà dei fatti la gran parte della sua energia va nel divertimento e nel mantenere viva la sua identificazione nella donna sexy e attraente.
Forse la resistenza a rendersi conto di tutto ciò - cosa che con molta probabilità accadrebbe in un lavoro di crescita personale - trova nella giustificazione della mancanza di soldi un alleato “rispettabile”.
Questo lavoro permette di ricominciare a portare coerenza tra le azioni e le opinioni e le idee che abbiamo su noi stessi e sul mondo che ci circonda, di cui il denaro è un aspetto. In questo modo potenziamo l’integrità, di cui già si è parlato.
Nello stesso tempo il maggior equilibrio, che pian piano si costruisce grazie a questo lavoro di presa di coscienza e di verifica dei propri valori, ci permette di avvicinarci alla frugalità che, come abbiamo visto, è un altro aspetto che caratterizza la vera prosperità.
Questo appena presentato può essere considerato il lavoro di base, fondamentale, rispetto al denaro. Successivamente vi sono numerosi altri aspetti che possono (e dovrebbero) essere indagati, di cui però, per ovvi motivi, in questa sede darò solo brevi cenni.
E possibile cercare di capire quali siano gli equivalenti psicologici che stanno dietro a molte abitudini sociali consolidate in campo economico e finanziario, in modo da non aderirvi automaticamente senza aver valutato se esse corrispondano o meno a quello che realmente vogliamo.
Ad esempio: la gestione del denaro contante equivale alla nostra capacità di autodisciplina. Siamo forse carenti in questo, e alla fine del mese le uscite superano sempre le entrate?
Il controllo del conto corrente rappresenta la ricerca di un giusto equilibrio. Il conto è sempre in rosso? Sappiamo come sta il nostro conto corrente in qualsiasi momento o dobbiamo attendere l’estratto conto di fine mese per scoprire quante spese abbiamo fatto con il “denaro di plastica” (carte di credito e bancomat)?
I risparmi e gli investimenti hanno a che fare con l’auto-preservazione.
Come stiamo? Siamo troppo protetti o lo siamo troppo poco? I proventi del nostro lavoro rappresentano anche un modo di valutare noi stessi.
Siamo sereni al riguardo? Ci sentiamo sottopagati? Sovrapagati? Pensiamo che non potremmo meritarci entrate maggiori? Siamo soddisfatti del nostro lavoro?
Le spese e i costi per l’abitazione hanno a che fare con il mantenimento del nostro centro; siamo soddisfatti al riguardo?
Le varie forme di assicurazione rappresentano la necessità di trovare la giusta protezione. Cosa ci sembra davvero giusto e cosa superfluo?
Le proprietà possono essere viste come un modo per semplificare la vita.
Ma molto spesso la complicano, piuttosto. Qual è il nostro caso?
Infine, due parole su debiti e prestiti e sulla consuetudine dell’eredità.
La tendenza a contrarre debiti in modo sistematico e comunque al di sopra delle proprie capacità di restituzione (lo stesso vale per la febbre degli acquisti a rate) denota l’incapacità di gestire responsabilmente la propria energia, facendo sempre affidamento sull’intervento salvatore di qualcun altro o rifugiandosi nell’idea che un domani si avranno i soldi che oggi non ci sono.
Nel prestito c’è in gioco la responsabilità di entrambi i contraenti: quella del beneficiano (vedi sopra) ma anche quella del creditore il quale si trova sul piano energetico a farsi carico dell’uso che il debitore farà dei suoi soldi, anche se non se ne rende conto e se pensa che non sia affar suo. Lo stesso vale anche per il denaro che noi “prestiamo” alla banca, affidandoglielo affinché se ne prenda cura e ce ne renda un po’ di più. Dove finirà quel denaro?
L’eredità chiama in gioco non solo la proprietà o il denaro che passa all’erede, ma anche tutte le pressioni, i valori, le motivazioni con le quali il precedente proprietario ha costruito i beni che ora vanno in eredità. Si eredita pertanto anche un corredo psichico che in alcuni casi può rendere la nuova acquisizione una condanna invece che una benedizione.
Questi approfondimenti ci conducono verso un approccio psicoenergetico al denaro, nel quale l’attenzione passa dalla quantità alla qualità, da quanti soldi abbiamo a come li usiamo, nella consapevolezza che il nostro cuore e la qualità della nostra vita stanno lì dove mettiamo i nostri soldi.
Occuparci del nostro denaro in questa prospettiva vuole quindi dire, soprattutto, lavorare su di sé e allargare la propria coscienza. In una parola, CRESCERE.
«Ci è stato insegnato “non metterti mai in affari con gli amici”. Perciò siamo restii a instaurare rapporti di affari con le persone che amiamo. Però ci è stato anche insegnato: “non accettare mai soldi dagli sconosciuti”. Beh, se non si possono prendere né dagli amici né dagli sconosciuti, chi ci rimane?»
Bob Mandel, Due cuori, un‘anima
«C’è solo una categoria di persone che pensa ai soldi più dei ricchi: i poveri. In effetti i poveri non pensano a nient’altro.»
«Da giovane credevo che il denaro fosse la cosa che più contava nella vita. Ora che sono un po’ più vecchio ne sono certo.»
Oscar Wilde
(1) Articolo di Sara Cattò - Tratto Da Alpha Dimensione - Dic '98
Note biografiche dell’autore: Sara Cattò, psicologa psicosintesista, conduce gruppi di formazione permanente, con particolare riguardo per la ricerca di soluzioni creative nella gestione delle risorse personali.
È socia della comunità di Etica Vivente “Poggio del Fuoco” ed è responsabile del Settore Formazione dell’Associazione per una Nuova Economia “Libra”.
§ Jacob Needleman - Il denaro e il significato della vita - Come ritrovare se stessi accettando l’importanza del denaro Sperling & Kupfer Editori - £.36.500
§ Phil Laut - I soldi sono miei amici - Ed. MEB - £. 24.000